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lunedì 4 aprile 2016

Glass Up, l’occhiale smart che ha fatto interessare la California


Francesco, con una laurea in Business Administration, e ventidue anni di esperienza nell’internal auditing in FIAT e Ducati, è quello che in Silicon Valley chiamerebbero un “imprenditore seriale”, cioè colui che per mestiere fonda imprese. Prima Conti Pronti, contabilità on line per professionisti e piccole imprese, e nel 2012 Glass Up.
Sono sempre stato incuriosito dal rapporto che lega l’uomo alle macchine e volevo progettare qualcosa che facilitasse le azioni giornaliere come leggere una e-mail o un messaggio di whatsapp, senza però la necessita di far ricorso a computer o smartphone, cioè con una interfaccia grafica di immediata consultazione, come appunto guardare attraverso le lenti degli occhiali”.

Glass Up è infatti un dispositivo intelligente e, nonostante fornisca le informazioni attraverso caratteri verdi che ricordano le grafiche dei primi computer, sono degli occhiali futuristici, capaci di proiettare sulle proprie lenti le informazioni provenienti da più dispositivi, ma anche conoscere i dettagli delle opere d’arte nei musei, leggere sottotitoli di film in lingua e monitorare le proprie funzioni vitali mentre si fa sport: il tutto a portata di vista, ma senza coprirla. Gianluigi Tregnani – oggi CTO dell’azienda – è una delle menti dietro la tecnologia di Glass Up e porta in azienda una lunga esperienza in fisica e nella realtà aumentata, sviluppata soprattutto in aeronautica.

L’avventura di Glass Up è una storia imprenditoriale emozionante, poiché fatta di impegno e grande determinazione. La società nasce dopo un anno di studi e ricerche sul prodotto, finanziate con risorse proprie. Nel 2013 è Google ad accorgersi di Glass Up, non tanto per la loro tecnologia ma piuttosto per l’utilizzo della parola “glass” nel marchio che lo rende così simile a quello dei Google Glass. Nasce così un contenzioso con il colosso di Mountain View il quale intima di rimuovere il temine “Glass” dal prodotto modenese. Ma, sorprendentemente, arriva anche una inaspettata notorietà: “molti giornali hanno parlato di noi e ciò ci ha aiutato ad attrarre capitali”. Nasce infatti una campagna di crowdfunding su Indiegogo che porta all’impresa modenese più di 100.000 dollari per sviluppare il prodotto.

“Visto il successo, abbiamo fatto ricorso ad una seconda campagna provando questa volta la piattaforma di equity crowdfunding inglese, Seedrs”. La campagna offre il del 20% della società, ma non si ottengono grande risultati, probabilmente, ci racconta Giartosio, “per via della non deducibilità fiscale dell’investimento e l’impossibilità di accesso allo strumento da parte di investitori americani, i più interessati al nostro prodotto”.
Ulteriori risorse arrivano da bandi, sia italiani che europei, per un totale di mezzo milione di euro. Le risorse sono servite ad arricchire il team, tra il 2015 e il 2016, e nuovi uffici generando ricadute positive sul territorio modenese in termini occupazionali.
Il prodotto, ci dice il CEO di Glass Up salutandoci, “sarà sul mercato a fine anno”.

Gli interessati potranno investire nel progetto grazie alla campagna di equity crowdfunding che sarà avviata il 17 maggio sulla piattaforma TipEquity.

Chissà che qualcuno oltre oceano voglia contribuire a far crescere questo pezzo di tecnologia “made in Italy” vedendo nella startup modenese un fonte di nuova energia per un settore, quello degli occhiali smart, che temporaneamente sembra vedere indecisione tra i colossi americani.

Nella foto: Francesco Giartosio - CEO Glass Up