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lunedì 20 aprile 2020

Imparare dai fallimenti (milionari) sui robot sociali

Dall'aspirapolvere all'assistente personale. Grazie all'intelligenza artificiale i primi esemplari di robot entrano nelle case generando una innovazione a cui non tutti sono pronti.



Robot personali domestici stanno iniziando a rotolare fuori dal laboratorio per entrare nei nostri salotti e nelle nostre cucine. Ma gli esseri umani sono pronti a farli entrare nella loro vita?
Ci sono voluti decenni di ricerca per costruire robot anche molto meno sofisticati di quelli dei film di fantascienza. Non assomigliano agli immaginari predecessori; la maggior parte di loro non cammina, qualche volta rotola e spesso non ha gli arti. E non sono nemmeno lontanamente in grado di eguagliare la lingua, le abilità sociali e la destrezza fisica delle persone. Peggio ancora: finora stanno perdendo nella partita contro gli altoparlanti intelligenti immobili prodotti da Amazon, Apple e Google, che costano decisamente meno e sono alimentati da sistemi di intelligenza artificiale che quasi umiliano le capacità limitate di molti robot.

Questo non ha impedito ad alcuni ambiziosi produttori di lanciare sul mercato robot realistici, anche se finora con risultati contrastanti. Due pionieri di una nuova avanguardia di robot “carini” e “socievoli” – Jibo, un oratore parlante (un po' goffo), e Kuri, una “tata” a ruote come quella dei cartoni animati – sono stati i primi a scendere in campo, ma anche a cadere a terra. Vector è un robot domestico meno costoso - presentato a metà 2018 a San Francisco. Altri ancora – tra cui quello a cui starebbe lavorando Amazon – sono robot progettati per fornire compagnia agli anziani, ma sono ancora solo in fase di sviluppo. Nel 2018 in una intervista all'agenzia stampa Associated Press, Vic Singh, socio fondatore di Eniac Ventures, che ha investito in diverse startup di robotica, ha dichiarato «Penso che quest'anno cominceremo a vederli sul mercato. Ma saranno limitati a usi molto specifici».

L'intelligenza artificiale ha fatto diversi progressi dalla nascita di Jobo, Kuri e Vector ma ancora non ci sono grandi successi di mercato. Le speranze per i robot in grado di socializzare cercano di tenere il passo con la realtà. Alla fine del 2017 Jibo, quasi privo di funzionalità, ha abbellito la copertina dell'edizione "best inventions" del Time. Il suo creatore, Cynthia Breazeal, ricercatrice di robotica del MIT, all'epoca dichiarò sempre all'AP che «ci sarà un momento in cui tutti daranno per scontato un proprio robot personale». Quel tempo non è ancora arrivato. Jibo, un dispositivo alto poco più di una spanna, con una vaga forma conica e un'ampia "testa" sferica, è stato progettato per rimanere lì dove lo si mette, quindi su una scrivania o piano di lavoro. Ma può ruotare la sua "faccia" per incontrare lo sguardo del suo padrone; racconta barzellette e suona musica; e può vibrare in modo convincente se gli chiedi di ballare. È stato presentato come «il primo robot sociale del mondo per la casa». A quasi 900 dollari, però, Jibo non ha ancora potuto trovare tanti amici umani. È ancora in vendita online, ma la sua casa madre ha licenziato gran parte dei lavoratori e fine 2018 non risponde alle richieste degli utenti su Internet.



Anche la Mayfield Robotics, con sede in California, ha cessato di produrre Kuri, una macchina da 699 dollari che avrebbe scattato foto e video da telecamere nascoste dietro i suoi occhi rotondi e lampeggianti ma che alla fine ha avuto poca utilità. Altri robot domestici, come l'assistente personale Temi (1.499 dollari) e il cane di Sony Aibo (1.800 dollari), sono ancora meno accessibili. «Non si può vendere per 800 dollari o 1.000 dollari un robot che ha capacità inferiori a quelle di Alexa (il device di Amazon, ndr.)», ha detto Boris Sofman, CEO di Anki, prima del lancio di Vector, dalle sembianze di un animale domestico. Promettendo un futuro robotico che vada al di là di «aspirapolvere a forma di pozzo e altoparlanti cilindrici statici». In vendita a poco meno di $200 e grande quanto una mano, Vector potremmo descriverlo come una interfaccia mobile per accedere ad Amazon Alexa.
Il suo fratello minore, il grintoso robot giocattolo Cozmo è invece pensato per i bambini. Vector può rispondere a domande di base, impostare un timer o consegnare messaggi da e-mail e testi e fa le fusa quando si strofina la sua schiena color oro.

I robot personali discendono dall'umanoide interattiva chiamata Kismet, che Breazeal ha costruito in un laboratorio del MIT negli anni '90. Da allora, i progressi dell'intelligenza artificiale hanno spinto in avanti questa nicchia di prodotti. La popolarità di Alexa, e del suo genere, ha anche aiutato ad eliminare quella stranezza che ha sempre contraddistinto le macchine parlanti. La chiave di svolta per Vector e gli altri robot “da compagnia”, secondo gli esperti, è quella di trovare il giusto equilibrio tra utilità e personalità (oltre all'accessibilità, uno dei fattori altrettanto importante). Anche se tra gli innovatori e gli ingegneri c'è disaccordo su come raggiungere il giusto equilibrio.

«È meglio avere poca personalità, ma essere perfetti – ha spiegato Sofman – perché nel momento in cui commetti un errore, sarai quel grande robot che fa un errore». Il cliente può perdonare gli errori, purché il robot reagisca in modo realistico. Anki per questo motivo ha assunto animatori della Pixar e DreamWorks per dare carattere a Cozmo e Vector. La startup israeliana Intuition Robotics ha coinvolto il famoso designer Yves Behar per aiutare a creare l'aspetto di ElliQ, che è stato progettato per fare compagnia agli anziani. Il robot, con la diffusione del COVID-19 è stato reso disponibile in tutti gli stati americani con l'auspicio di fornire un supporto ai tanti anziani a casa.

Più che essere “carino”, ElliQ punta alla “calma”. Progettato per sedersi su un tavolino, il robot ha la forma di una lampada da tavolo arrotondata con una luce che risplende dall'interno della testa in plastica trasparente. Ruota frequentemente, indirizzando l'attenzione alla persona con cui sta parlando, e ha uno schermo adiacente per mostrare foto o messaggi di testo.

Molti ricercatori dicono che i robot sociali sono molto promettenti nell'aiutare una popolazione che invecchia. Tali robot potrebbero ricordare agli anziani di prendere medicine, indurli a alzarsi e spostarsi o visitare gli altri, e aiutarli a rimanere in contatto con la famiglia e gli amici. Affinché i robot possano raggiungere tutte le età, però, hanno bisogno di dimostrarsi utili, ha detto James Young, un ricercatore del laboratorio di interazione uomo-macchina dell'Università di Manitoba.

«La chiave di tutto è che il robot possa aiutare l'anziano nella sua solitudine, lo possa aiutare per compiti semplici come cucinare – ha detto Young –. Una volta che le persone sono convinte che qualcosa è utile o che in realtà gli fa risparmiare tempo, si adatteranno senza fatica».

Dalla storia dei robot sociali impariamo una grande lezione: che “fallire” significa tentare ed imparare; e che solo una serie di tanti piccoli fallimenti possono portare all'ideazione del prodotto giusto, alla creazione di qualcosa di funzionante.

Paolo Tomassone*

*Articolo originale aggiornato ad Aprile 2020.